Luigi Pulci (1432-1484) scrisse: «Ma sopra tutto nel buon vino ho fede, e credo che sia salvo chi lo crede». Salvezza e immortalità che si è guadagnato di certo il padre di Le Pergole Torte, Sergio Manetti, già imprenditore siderurgico che – grazie al suo spirito e alla sua visionaria lungimiranza, all’amore per il bello e all’eleganza – ha contribuito a scrivere un bel capitolo della storia del vino italiano del ‘900. 

Siamo nel 1967, quando Sergio decide di comprare Montevertine – a Radda in Chianti – come tenuta di campagna, ma anche per impiantare un paio di ettari di Sangiovese e produrre vino da regalare agli amici. Quando esce sul mercato la prima annata (1971) di Chianti Classico Montevertine, con un successo inaspettato e travolgente al Vinitaly, Sergio matura l’idea di lasciare il mondo siderurgico per gettarsi a capofitto su questo nuovo progetto, con l’aiuto del ‘cantiniere-agronomo’ Bruno Bini e dell’enologo autodidatta simbolo del Sangiovese, Giulio Gambelli. Coraggiosa fu l’intuizione di utilizzare solo uve Sangiovese, un’idea che lo portò a scontrarsi con il disciplinare del Consorzio Vino Chianti Classico – che all’epoca imponeva l’utilizzo di uve bianche e altre pratiche – e a lasciare la Denominazione. 

Sergio non si fermò qui, continuando nella ricerca, nello sviluppo delle sue idee e nell’ampliamento della cantina, forte del fatto che dalla sua aveva Gambelli, l’uomo che «il vino lo masticava» in vigna. Oggi l’azienda – condotta dal figlio Martino, cresciuto in azienda con la stessa passione e le stesse convinzioni del padre – ha 18 ettari di vigneti, piantati per la maggior parte a Sangiovese, con piccoli appezzamenti a Canaiolo e Colorino. L’azienda produce tre vini, che escono tutti come IGT Toscana: Pian del Ciampolo, Montevertine e il vino simbolo, Le Pergole Torte: solo nei primi due il Sangiovese è accompagnato dagli altri due.

La prima annata di Le Pergole Torte fu la 1977, prodotta con sole uve Sangiovese selezionate nei vigneti storici dell’azienda. Oggi il vino svolge le due fermentazioni in cemento, è affinato per 12 mesi in botti di Slavonia e altri 12 mesi in barrique, prima di riposare per almeno 3 mesi in bottiglia. 

Cosa rende Le Pergole Torte degno di essere paragonato a una vera e propria opera d’arte? Oltre alle materie prime e alle tecniche utilizzate, che potrebbero forse essere solo una naturale conseguenza, alla base di tutto c’è sicuramente l’inventio, l’originalità di un nuovo concetto e la determinazione a seguire il gusto personale da parte di Sergio Manetti, un uomo granitico nelle sue convinzioni, tanto da costruirsi un’identità di precursore di una nuova era enologica in Toscana, con l’intuizione vincente di affidarsi alla maestria e alle capacità del Gambelli per imprimere un ulteriore sigillo di qualità. 

E poi c’è l’etichetta – anzi, le etichette – dell’artista Alberto Manfredi, che disegna volti di donne dagli occhi grandi e sognanti, affascinanti e un po’ malinconici. Ecco dunque che l’opera d’arte prende forma per comunicare, per emozionare, per raccontare la storia di una vita, di tante vite legate dalla passione per un’idea. 

Le uve per Le Pergole Torte 2017 provengono sempre dalla vigna impiantata a 400 metri quando tutto ebbe inizio, reimpiantate, coltivate, curate, vendemmiate ed elaborate per rendere il vino così com’è, cioè ricco ma snello e fine, che alla vista presenta un rosso rubino che trasmette la vera essenza del Sangiovese, contraddistinta dai frutti rossi e dalle note floreali della viola mammola. 

In bocca fanno inizialmente la voce grossa il tannino e la freschezza, che richiama note agrumate, in un gioco piacevolissimo di salivazione e asciugatura che richiama costantemente un nuovo sorso. Il carattere – elegante, raffinato e preciso – rappresenta tutto quello che voleva Sergio Manetti e che oggi vuole suo figlio Martino: un vino profondo, perenne, immortale, proprio come l’idea che rappresenta.