L’edizione 2019 del CMB si è tenuta dal 2 al 5 Maggio nell’insolita location del ciclovelodromo di Aigle, in Svizzera, nel cuore delle principali zone di produzione di vino elvetico. Qui, nel mio articolo, sono riportati i risultati del concorso e le performances della produzione italiana. Adesso voglio occuparmi invece del paese ospitante e dei vini conosciuti nel corso delle visite effettuate nelle giornate svizzere.

La Svizzera può attualmente contare su 15 mila ettari di vigneti (0,2% della superficie vitata mondiale), con una produzione annua di circa 1,1 milioni di ettolitri di vino, assorbiti quasi per intero dal mercato interno, tanto è vero che meno del 2% delle bottiglie esce dai confini nazionali, a prezzi tutt’altro che accessibili.

La Svizzera – il cui territorio è costituito per il 70% da montagne – è suddivisa in 6 regioni vinicole: la regione di Ginevra, a ovest dell’omonimo lago, quasi incuneata in territorio francese; il Vaud, intorno al lago stesso e lungo l’alto corso del Rodano; il Vallese, la regione più produttiva (1/3 del totale), all’estremità sud-occidentale, nel cuore delle Alpi; la zona dei Tre Laghi, a nord-ovest, a ridosso del massiccio del Giura; il Ticino, al confine con Piemonte e Lombardia; la Svizzera tedesca, con tutti i cantoni di lingua tedesca, ai confini con Germania e Austria.

La viticoltura elvetica è caratterizzatada una grande complessità pedoclimatica, dovuta alla grande differenziazione altimetrica dei vigneti – dai 270 metri del Ticino fino agli oltre 1000 del Vallese – e dalla forte influenza esercitata sui microclimi dalla presenza di fiumi, laghi e alte montagne. I quattro vitigni più coltivati – che da soli occupano il 72% della superficie vitata – sono il Pinot Noir (29%), lo Chasselas (27%), il Gamay (10%) e il Merlot (7%). Gli autoctoni coprono il 36% dei vigneti svizzeri e lo Chasselas è seguito (a distanza siderale) dai bianchi Arvine e Amigne e dai rossi Gamaret e Garanoir. Gli internazionali – soprattutto Chardonnay, Sauvignon Blanc e Syrah – stanno diventando però sempre più centrali nel nuovo corso intrapreso dall’enologia elvetica. Enologia che prevede una classificazione per AOC (suddivise il regionali, cantonali e locali) come in Francia, concentrate soprattutto nelle regioni occidentali e che prevedono anche la menzione di merito Grand Cru. 

Nella giornata dedicata alle visite di approfondimento, abbiamo assaggiato vini della AOC La Côte (Vaud), dapprima nell’organizzatissimo Caveau des Vignerons de Mont-sur-Rolle e poi nel bellissimo Château de Nyon. Anche qui il vitigno principe lo Chasselas, ma abbiamo assaggiato anche altri vini, da vitigni autoctoni e internazionali.

Devo dire che tutti i vini fanno trasparire la grande passione che guida i produttori, che si percepisce già alla vista, per come sono riusciti a strappare alla montagna i terreni per i vigneti, a tratti irti a picco sulle rive del lago. La stessa passione che i viticoltori cercano di trasmettere ai loro vini, che nel complesso presentano aromi eleganti e fini, anche se non intensi, con una prevalenza di note minerali e sapide rispetto alla pur viva acidità, con sorprese molto interessanti.

Durante la prima degustazione, quella al Caveau des Vignerons de Mont-sur-Rolle, ho preso i seguenti appunti.

Domaine de Autecour 1er Grand Cru Mont-sur-Rolle AOC La Côte 2017 (Chasselas) – Naso elegante e fine, con prevalenza di note floreali e fruttate (fiori di tiglio e frutti tropicali), mentre in bocca è sapido e abbastanza fresco, con un persistente finale minerale.

Domaine de Beau-Soleil Grand Cru Reserve AOC La Côte 2017 (Chasselas) – Al naso spiccano le note fruttate, mentre la bocca è ancora una volta più sapida che fresca, con un finale ancora minerale piuttosto elegante.

Domaine de Beau-Soleil Grand Cru Gewürztraminer AOC La Côte 2017 – Al naso ha sentori di rosa bianca, in bocca è intenso e caldo, più fresco che sapido, con un bel finale ancora floreale.

Château de Mont Grand Cru Mont-sur-Rolle AOC La Côte 2017 (Chasselas)Naso fine di media intensità, con frutti tropicali e sentori minerali; in bocca si presenta con un bel fruttato fresco e note minerali, persistenti nel finale.

La Grande Vigne Mont-sur-Rolle Garanoir AOC La Côte 2018 – Un assaggio che attendevo con curiosità. Il Garanoir – un incrocio fra Gamay e Reichensteiner, per rendere il Gamay più resistente – è un vitigno precoce ed estremamente resistente alla botrite coltivato solo in Svizzera. Al naso è intenso, floreale e fruttato, con note evolute; in bocca la gioventù si fa sentire, con acidità viva e tannini duri e croccanti, bilanciati dall’alcolicità. La struttura non è la sua dote migliore, ma il finale è di buona persistenza e di gradevole mineralità.

Haute-Cour Mont Mont-sur-Rolle Grand Cru AOC La Côte 2018 (Chasselas)Naso fine e fruttato e sorso di grande intensità, con una nota sapida marcata rispetto all’acidità e una nota amabile che accompagna il finale.

Il momento più interessante di questa prima visita è stata però una verticale di cinque annate (tra il 2017 e il 1990) di Domaine de Autecour 1er Grand Cru Mont-sur-Rolle AOC La Côte, che ci hanno fatto constatare come lo Chasselas, che si presta anche a produrre uva da tavola, dia grandi risultati anche in invecchiamenti a lungo termine.

2017 – Per questa annata ripeto quanto già scritto poco sopra. Naso elegante e fine, con prevalenza di note floreali e fruttate (fiori di tiglio e frutti tropicali), mentre in bocca è sapido e abbastanza fresco, con un persistente finale minerale.

2015 – Naso fine, su note fruttate e richiami minerali; in bocca predomina ancora una volta la mineralità sulla freschezza e il finale è ancora fruttato, con note minerali di buona persistenza.

2010 – Qui, più che i profumi (comunque ancora puliti), colpiscono all’assaggio la freschezza e la mineralità del sorso, specialmente nel finale, persistente e per niente stancante.

2005 – Questa annata richiama il giudizio della 2010, con una freschezza ancora più evidente.

1990 – Devo dire che mi sono avvicinato a un vino bianco così ‘vecchio’ (29 anni suonati) con un certo scetticismo, che si è però mutato presto in stupore. Al naso si presenta forse un pochino stanco, ma con interessanti note di fiori appassiti, frutta disidratata e sentori quasi di caseificio e panetteria, non certo spiacevoli. In bocca sorprende invece per l’acidità ancora viva, assieme alla ormai consueta mineralità e ad un certo calore. Il finale è lungo e complesso e vi si alternano ancora le note di panetteria-caseificio, fiori secchi e mandorla, impreziositi (udite, udite) da un risveglio dell’acidità. Il produttore ci aveva detto che il 1990 era stata un’annata monstre, un supermillesimo, e aveva ragione.

La seconda tappa della visita aveva come meta lo splendido Château de Nyon, sul lago di Ginevra, con una splendida vista – dicono, perché noi non abbiamo potuto goderne a causa del maltempo – sul Monte Bianco. Qui sono stato incuriosito soprattutto da due etichette del Vaud.

Château De Duillier Mara AOC La Côte 2017 – Il Mara è un vitigno rosso, fratello del Gamaret e del Garanoir. Al naso, il vino è intenso, floreale, fruttato e vinoso, con note speziate, ma non proprio elegante e fine. In bocca la struttura è determinata soprattutto dall’alcolicità (14,8% in etichetta) e dai tannini, dolci e integrati nel frutto, con un finale di media persistenza, fruttato, caldo e minerale.

Domaine de la Recorbe Cabernet Franc Merlot AOC La Côte 2017 – Al naso si presenta intenso e complesso, con evidenti note erbacee, ma anche di frutti rossi e neri (mirtillo) e spezie. In bocca conferma intensità, freschezza, sapidità e tannini ben integrati. Il finale è lungo, su note erbacee e minerali.

Nel complesso, questa giornata – dedicata a un paese produttore di antiche origini, ma ancora poco conosciute – ha evidenziato vini prodotti con vitigni più o meno noti, coltivati in splendidi vigneti eroici da viticoltori innamorati della propria terra e del proprio lavoro. Châpeau.